ARCHEOLOGIA

Finalmente al via: UNA LEGGE PER RIPRENDERCI MONTE CAVO – Nasce il Comitato Promotore

 

L’Osservatorio dei Colli Albani è lieto di annunciare la costituzione di un Comitato promotore di una legge per il Monte Albano. Il Manifesto costituente, che pubblichiamo integralmente di seguito, elenca le motivazioni e i passi da compiere per giungere finalmente ad una legge che ponga fine alla vergognosa devastazione del Monte Albano e di una delle pagine più importanti e sacre della nostra Storia.

L’Osservatorio dei Colli Albani sosterrà da oggi in poi questa iniziativa, poiché siamo tutti coinvolti in questa battaglia: gli abitanti dei Colli Albani, privati di un’area centrale di altissimo valore storico oltre che turistico, il mondo della cultura locale, gli ambienti scientifici romani, italiani ed europei.

 

 

          UNA LEGGE PER IL MONTE ALBANO

Cenni storici

Sul Mons Albanus, oggi Monte Cavo, ebbe origine la civiltà latina che, nel corso della sua storia secolare, si è poi irradiata in Europa e nel mondo.
Tremila anni fa i popoli albani vi salivano per onorare le loro divinità, mentre ad Alba, accanto alla vetta, fiorirono le primitive leggende legate al culto degli antenati e capostipiti indigeni. Su questi culti si sovrapposero successivamente le “feste latine”, i raduni annuali dei popoli del Latium vetus che, attraverso il rito della spartizione della carne di un toro purus sacrificato a Giove Laziale, celebravano la loro comune identità etnica. Con la romanizzazione, queste celebrazioni religiose annuali continuarono fino al tardo impero. Inoltre, alle pendici del Monte Albano, i Latini si incontravano periodicamente per i loro raduni politici.
Sulla vetta, le numerose divinità ancestrali e il tempio di Giove Laziale (a cui venne affiancato quello di Giunone Moneta) vennero protetti da un grande recinto sacro, mentre l’intero Mons Albanus fu a sua volta avvolto da un grande bosco sacro, per sua natura inviolabile e impenetrabile a chiunque, poiché ogni trasgressione era considerata una colpa gravissima. All’interno del bosco sacro, anche la strada che saliva alla vetta divenne sacra, per cui ogni singolo intervento di restauro del lastricato avvenuto nel corso dei secoli venne segnalato con scrupolo religioso da numerose iscrizioni sui basoli e da centinaia di cippi disposti lungo le crepidini laterali.
Infine, nel corso del III secolo a.C., fiorì la leggenda di Alba Longa: mentre Alba conservava da mille anni tutte le più antiche leggende – sia primordiali, che albane e latine – sedimentate durante un lunghissimo arco di tempo e consolidate in una imponente stratificazione mitostorica, nel III sec. a.C.  Alba Longa concluse questo ciclo millenario trasformando quel luogo mitico nella famosa e leggendaria “metropoli delle origini”.
Pertanto, la Sacra via, un unicum nel mondo romano, collegava in antico la vetta del Monte Albano, il centro sacrale dei Latini, ad Alba Longa (oggi Prato Fabio): i due monumenti più insigni della civiltà latina.

 

Sviluppi recenti

Le vestigia dell’antico tempio dedicato a Giove Laziale e degli altri edifici di culto sono rimaste riconoscibili fino a pochi secoli orsono, quando venne edificata la chiesetta di San Pietro, accanto alla quale, nel XVIII secolo, i PP. Trinitari prima e i Passionisti poi costruirono il loro convento.
In seguito, i religiosi abbandonarono il ritiro e fino agli anni sessanta del secolo scorso il convento e le sue adiacenze si sono conservate relativamente bene, nonostante il loro uso a scopo militare e alberghiero.
Dopo il 1970 il convento e l’intera area sommitale del monte hanno subìto un progressivo degrado causato dall’installazione – quasi totalmente abusiva – di numerosissimi tralicci per le trasmissioni radiotelevisive, accanto ai quali figurano decine di box disseminati ovunque, avvolti da grovigli inestricabili di cavi e tiranti.
La recente rinuncia alle strutture militari da parte dell’Aeronautica Militare, non più interessata al sito a causa delle innovazioni tecnologiche che hanno reso inutile la base di Monte Cavo, ha segnato l’ultimo atto dell’abbandono del sito, precluso oggi perfino ai visitatori appiedati e ridotto in condizioni vergognose, addirittura privo di un vincolo archeologico, esattamente come per Alba (Prato Fabio) e la Sacra via.

 

Le sentenze della giustizia amministrativa

 Nel 2003 il Comune di Rocca di Papa emanò un’ordinanza di demolizione di tutte le numerosissime opere abusive, minuziosamente censite, consistenti in tralicci e box realizzati in assenza di titolo edilizio in zona di inedificabilità assoluta, sottoposta a vincolo paesaggistico, vincolo storico monumentale e inclusa nel perimetro del Parco regionale dei Castelli Romani.
Questo provvedimento venne sospeso dal Tar del Lazio in diverse sedute tra novembre e dicembre 2003 in seguito ai ricorsi presentati dalle emittenti.
Il I° luglio 2014 il Tar ha respinto il ricorso del colosso El Towers (Canale 5, Italia 1. Rete 4); in data 20/04/2017 il Consiglio di Stato, confermando la validità dell’ordinanza di demolizione del Comune di Rocca di Papa emessa nel 2003, metteva la parola fine agli impianti abusivi Mediaset.
In data 27/03/2018 il Tar rigettava, con 17 sentenze, tutti i ricorsi presentati dai titolari degli impianti, tra cui quelli presentati dalla Società I.D.A. Spa del Gruppo Edoardo Caltagirone proprietaria di gran parte della vetta di Monte Cavo che da oltre un decennio percepiva gli affitti di diverse emittenti.
Tutte le argomentazioni presentate dalle emittenti per non dare seguito alle demolizioni decise dai giudici nei vari gradi di giudizio, qui di seguito elencate, sono state respinte: il diritto delle tv di trasmettere, il diritto all’informazione, la libertà d’impresa, l’impossibilità di trasferirsi in un altro sito, il ricorso contro i vincoli gravanti su Monte Cavo, la proprietà solo delle parabole e non dei tralicci, Monte Cavo inteso come unico luogo idoneo a trasmettere, assenza di problemi legati alla salute pubblica. Qualche società ha addirittura avanzato richiesta di risarcimento danni che l’ordinanza comunale del 2003 avrebbe causato; questa istanza è stata puntualmente respinta dal Tar del Lazio.

 

I provvedimenti amministrativi

 Nonostante questi recenti e inoppugnabili pronunciamenti giuridici, ogni azione rivolta a liberare la vetta di Monte Cavo dalle antenne, dai tralicci che le sostengono e dalle baracche che alloggiano gli impianti connessi si è rivelata vana. Il Comune di Rocca di Papa, sotto la cui giurisdizione ricade Monte Cavo, nonostante ripetuti tentativi di natura politica e legale in tal senso, non è mai riuscito nel suo scopo e nulla induce a ritenere che possa riuscirci in futuro. Un ente quale il Comune, d’altra parte, non possiede né le capacità tecnico scientifiche né i mezzi amministrativi o finanziari necessari a liberare la montagna e le sue pendici dalle antenne, acquisire i terreni ancora di proprietà privata, procedere alla bonifica e ripristinare l’antico stato dei luoghi.

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Istituzione di un Comitato promotore di una legge per il Monte Albano

Per restituire l’altissima dignità storica alla sacralità di questi luoghi che hanno visto nascere la Civiltà latina, purtroppo violentati e calpestati per anni da una brutalità senza limiti sotto gli occhi di tutti: “una vergogna di dimensioni europee” come è stata recentemente definita da ambienti scientifici internazionali;

 per garantire la fruizione in tempi rapidi della vetta di Monte Cavo, attraverso lo sviluppo di un percorso che privilegi le potenzialità culturali e turistiche, strettamente connesse alle straordinarie qualità storiche, archeologiche e panoramiche dell’area;

 per questi motivi si rende necessario coinvolgere le massime istanze istituzionali, a partire dall’Unione Europea e dal suo Parlamento, per arrivare in tempi rapidi all’approvazione di una Legge che riconoscendo l’importanza del sito – come avvenuto in passato per Pompei – avochi allo Stato ogni competenza e finanzi tutte le attività sopra menzionate.

 Si costituisce, allo scopo di sensibilizzare il mondo della cultura, delle forze sociali e della politica, il “Comitato promotore di una LEGGE PER IL MONTE ALBANO”.

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