ARCHEOLOGIA

PER CONOSCERE IL TUSCOLANO: LA CARTA ARCHEOLOGICA DI GROTTAFERRATA

 

LA CARTA ARCHEOLOGICA DI GROTTAFERRATA
(redatta da Franco Arietti)

Gran parte del Tuscolano rientra nel Comune di Grottaferrata. Infatti, al territorio di Grottaferrata, oltre ad una parte della città di Tuscolo, appartengono 40 monumentali ville romane, 25 cisterne, 36 strade, ed inoltre: catacombe, mausolei, insediamenti, necropoli, ponti, acquedotti, cave, pozzi e cunicoli, per un totale di 271 siti archeologici censiti nella Carta Archeologica del Comune di Grottaferrata, redatta nel 1999 e aggiornata nel 2008 (scala 1: 5000), nata come allegato della variante di P.R.G. (mai approvata) e successivamente adottata ufficialmente con delibera comunale. Ciascun sito archeologico è contrassegnato da un numero che corrisponde alla relativa scheda che riporta lo studio completo di ogni sito censito.

 

La Carta Archeologica di Grottaferrata racconta la storia di un settore importante dei Colli Albani, il Tuscolano, dalla preistoria fino al medio evo.
(Clicca qui sotto per ingrandire)

 

*

La Carta Archeologica del Comune di Grottaferrata e le relative schede sono consultabili presso la Biblioteca Comunale Bruno Martellotta.

Di seguito, a titolo di esempio, l’Osservatorio pubblica una di queste schede: il sito n° 1

*

SITO N°1

LOCALITA’ AD DECIMUM (VILLA SENNI)

In parte perimetrata a nord ovest sulla Carta storica archeologica monumentale e paesistica del suburbio e dell’agro romano del Comune di Roma al Foglio n° 26, dove appare contrassegnata con il n° 278 e denominata “Complesso di Villa Senni”, l’area archeologica si estende verso sud-est fino a comprendere il territorio adiacente posto nel settore nord occidentale del Comune di Grottaferrata (Tav. 7).

Il fulcro del complesso archeologico di Villa Senni va individuato nell’incrocio tra la via Latina e la via Cavona, due antichissimi tracciati e tra i più importanti dell’intera regione dei Monti Albani.  L’importanza dei due percorsi stradali a partire dall’età pre-protostorica è stata spesso ribadita (1),  ma l’assenza di indagini sistematiche nell’area non consente di comprendere, in un’età così antica, né l’esatta posizione dell’incrocio (il quale non necessariamente doveva coincidere con quello di età storica di qualche secolo più recente) né qualificare le presenze di età protostorica nei pressi, per altro postulate da numerosi frammenti di ceramica ad impasto dell’età del ferro rinvenuti nell’area (2), oppure dai materiali sporadici, probabilmente attribuibili a sepolture risalenti al VII secolo a.C., rinvenuti nell’area del castello di Borghetto.
Al contrario, sono molte le notizie intorno ai periodi successivi, anche se purtroppo appaiono confuse e prive di una sistemazione topografica certa, dal momento che non provengono da scavi specifici, ma solo da annotazioni sommarie da parte degli studiosi che si sono occupati dell’area, soprattutto partire dalla metà dell’800 e in particolare agli inizi del nostro secolo. In generale, indizi circa la presenza di una stazione di posta al decimo miglio della Via Latina, riportata nell’Itinerario Antoniniano, a cui si aggiunse il rinvenimento di un cippo relativo al X miglio della Via Latina risalente all’età di Massenzio, venuto alla luce (o forse semplicemente conservato in seguito) presso la cappella di S. Andrea nel luogo detto “lo Spinaceto” (3), nonché la scoperta di alcune fistole acquarie recanti le seguenti iscrizioni: PVB. (oppure pUB. o pub.) DECIMIENSIUM della fine dell’ottocento, avvenuta entro il recinto murato di Villa Senni, portarono a concludere che in quel luogo, attorno alla statio ad Decimum, era sorto un centro abitato. Nel 1888, la scoperta di un’altra iscrizione sulla quale viene fatta menzione di un vicus Angusculanus, avvenuta nella vigna Gentilini (nel territorio del Comune di Grottaferrata), convinse il Lanciani dell’esistenza di due abitati contigui, separati dalla via Cavona (o Valeria) e dipendenti amministrativamente l’uno da Roma (la Respublica Decimiensium) e l’altro da Tuscolo (il vicus Angusculanus) (4).
Numerose sono le testimonianze di presenze archeologiche nell’area, per lo più scomparse o comunque difficilmente identificabili topograficamente. Già nel 1750 l’Eschinardi accennò alla presenza di un colombario (5). Nel 1831 venne vista dal De Simoni, ancora integra, e “poco sotto e dirimpetto la villa Ciampini” (poi Villa Senni), una costruzione con grande arco foderato di mosaico all’intradosso. La volta “tutta a musaico lavorato come quello degli ordinari pavimenti, cioè di pezzi di pietra per lo più biancastra, della grossezza di soli 8 mm.…”. Della monumentale costruzione venne pubblicato un disegno accompagnato da altre indicazioni “La descritta volta ha l’apertura alta attualmente m. 2.80 e larga m. 3.40. All’interno vi sono sparsi rottami di fabbricato e rottami di marmo stranieri, tra i quali ho trovato un bel pezzo di cornice di rosso antico” (6).
Tra il 1850 e il 1870 P. Rosa (vedi Tav. 1) riportò sulla sua Pianta dei dintorni di Roma, redatta approssimativamente in scala 1: 20.000 l’area di Villa Senni, fornendo preziose informazioni. Per la prima volta appare il complesso monumentale nel suo insieme, con la Via Latina e i mausolei che la affiancano, quindi le ville ed altri edifici, infine le altre strade. In particolare, il Rosa fornisce una sua personale interpretazione dell’andamento della via Cavona, il cui tracciato, oltrepassata la Latina, viene fatto coincidere con l’altra strada antica, denominata via Tuscolana dagli studiosi del primo ‘900.  In questo modo il tratto settentrionale della via Cavona verrebbe a staccarsi direttamente dalla Latina all’altezza della villa Ciampini – Senni.

Inoltre sulla pianta appare un diverticolo a nord della via Latina, parallelo alla via Cavona antica, il cui tracciato parrebbe coincidere per un breve tratto con la moderna via Cavona; questi piega sia a ovest che a est, dove sembra raccordarsi con il proseguimento della via di S. Andrea. In questo punto il Rosa riporta una o più presenze di incerta attribuzione, oggi non visibili in superficie (mausoleo?) riportate approssimativamente sulla nostra Carta Archeologica (vedi sito n° 242). Nel 1872 vennero rinvenute nella vigna Ciampini – Senni alcune iscrizioni pagane e cristiane (7). Sappiamo inoltre che intorno agli anni 1885-88 si cominciò a scassare i terreni per l’impianto dei vigneti nelle proprietà Senni, Gentilini e Giusti, opere che portarono alla luce numerosi reperti.
Il Lugari, per primo, segnalò in particolare “ … varie antiche vie lastricate al solito di grossi poligoni di selce, le quali si dirigevano verso la latina sembrando convergere, quasi volessero in un punto solo riunirsi a quella, a non molta distanza dal palazzetto (della vigna Senni). Lateralmente a queste vie, oltre i soliti sepolcri, si videro i resti di fabbriche antiche, di vasche, fra le quali una foggiata, per quanto mi è stato riferito, a nave, condotti di cotto ed una quantità di frammenti di anfore, dolii, tutti insieme in un punto raccolti.” (8).
Il Lanciani fornisce una prima sommaria planimetria dell’area nella sua cosiddetta “bozza” redatta tra il 1880 e il 1900 (l’opera rimase incompiuta), ma che si può datare in questo caso specifico probabilmente tra il 1890 e il 1900 (come egli stesso rivela sul Bull.Com. 1905 a p. 133), nella quale vengono rappresentati l’incrocio tra la via Latina e la via Cavona, un’area archeologica (localizzata nella zona della galleria della ferrovia Roma – Frascati), l’edificio di culto a meridione della Latina (da lui ubicato ipoteticamente e indicato con la scritta templum), nonché alcune strade (vedi Tav. 2a).

 Successivamente, nel 1905 egli ritorna sull’argomento e presenta una pianta dettagliata dell’area (in scala 1:12500) e con essa tutta una serie di importanti precisazioni, tra cui l’esatta posizione delle proprietà Senni, Gentilini e Giusti (Tav. 2b). In particolare, trattando del Vicus Angusculanus, il quale verrebbe a svilupparsi per intero nel territorio del Comune di Grottaferrata, Lanciani precisa che ” Poca parte del Vicus Angusculanus rimane visibile sopra terra perché tutti i ruderi sporgenti dal suolo sono stati spianati nella coltivazione della vigna piantata (podere Gentilini), per quanto si afferma, per oltre mezzo secolo, e ingrandita e migliorata con delle piantagioni in questi ultimi tempi. Sono state risparmiate due parti del Bagno publico, cioè una piscina lunga m. 22 e una vasca da bagno caldo semicircolare, di 8 metri di diametro, con doppio gradino per sedere o per discendere sul fondo, messo a mosaico bianco, al disotto del quale v’è un sotterraneo con la fornace e i tubi per il riscaldamento. Le case e le altre fabbriche del villaggio occupano tutta la spianata del podere Gentilini tra la Latina moderna (via Anagnina) la via Cavona e la ferrovia elettrica (la linea ferroviaria Roma – Rocca di Papa oggi ricalcata dalla via Anagnina discendente)” (9) (Tav. 4a).

(clicca per ingrandire)Oltre alle notizie menzionate, il Lanciani, riassumendo le scoperte di quegli anni, elenca una serie di reperti rinvenuti, come ad esempio numerose lapidi sepolcrali, probabilmente poste lungo la Latina, tra le quali figura un’altra importante iscrizione, quella di Marciana (10). Egli si sofferma inoltre sulla distribuzione degli oggetti votivi di terracotta, tra i quali elenca “testine di bel lavoro, e frammenti di piccole statue, un corno d’animale con fori per appendere” rinvenuti durante gli scassi della vigne Ciampini-Senni dal 1885 al 1886, rammentando però che la parte più consistente del materiale votivo fu rinvenuta nella vicina vigna Giusti, dal momento che tra i blocchi di selce della macera che delimitava ad est la suddetta vigna con la via Cavona (ancora oggi esistente, anche se rimaneggiata) si conservavano numerosissime “coppie umane, bambini lattanti, mani, piedi, uteri, maschere, animali domestici ecc.” (11). Oltre a questi materiali, egli vide alcuni pezzi architettonici in marmo, che lo spinsero a postulare l’esistenza di un edificio di culto nella vigna Giusti. Per ultimo, egli ricorda la presenza nell’area di altri oggetti, come vetri, bolli laterizi e marmi. In particolare, rammenta di aver visto presso la vigna Gentilini i resti di un ciborio del VI o VII sec. d.C., che egli ipotizza siano relativi ad “una basilica fabbricata presso la catacomba” (12).
Ancora nel 1888 si ha notizia dal Lugari del rinvenimento di un ambiente ipogeo  effettuato un luogo non ben precisato dell’area, al quale si accedeva “... attraverso una piccola scala, la quale immetteva in un ambulacro sotterraneo chiuso alla bocca da tegoloni antichi; l’ambulacro aveva termine in un piccolo largo, nel quale a sinistra era un bancone ricavato nella roccia assai bene levigato in superficie; quasi di fronte a questo era una piccola sporgenza e sopra una statuetta, tutto ricavato dal masso e innanzi un’aretta di sperone decorata nelle estremità da due gole rovesce d’assai bella forma. Quando ebbi notizia della cosa, lo scassato aveva già tutto ricoperto e quindi non so dire che cosa esprimessero quelle figure; l’aretta è stata estratta e serve ora di ornamento al museo Senni. La chiusura della bocca del sotterraneo con tegoloni antichi, la sua profondità e difficile accesso fa pensare a qualche culto straniero e proscritto“.
Recentemente anche il De Rossi ha condiviso questo parere, ipotizzando in particolare la presenza di un mitreo 
(13).  Ma bisogna convenire che il Lugari si basa unicamente sulle testimonianze, ed è assai strano che egli non abbia potuto vedere, oltre all’ara, anche la “statuetta”, dal momento che, a quanto pare, non venne recuperata. Inoltre, la descrizione farebbe anche pensare alla presenza di una tomba a camera di età tardo arcaica o medio repubblicana del tipo ora ben noto nel Lazio, largamente attestato in particolare presso gli incroci di tracciati stradali anche di antichissima origine (14).
T. Ashby studiò a sua volta l’area del cd. “Complesso di Villa Senni”, tenendo ben presenti le indicazioni del Lanciani e riproducendo sommariamente le aree archeologiche nella sua pianta in scala 1:25000, che in qualche caso appaiono forse perimetrate da strade secondarie, come sembra di capire nella parte settentrionale in località denominata Botte di S. Andrea (15) (Tav. 3).

Egli fornì alcune importanti precisazioni, in particolare quella riguardante il punto in cui doveva collocarsi il X miglio della Via Latina, poco prima di Villa Senni verso Roma (16), fondamentale per chiarire numerosi altri problemi legati alla topografia antica nell’area comunale (identificazione dei diverticoli diretti rispettivamente alle sorgenti dell’acqua Tepula e Giulia secondo le indicazioni di Frontino riferite rispettivamente al X e XII miglio della Latina, posizione della statio Roboraria al XIII miglio, ecc.).
Altri rinvenimenti nell’area di Villa Senni (quindi tutti nel Comune di Roma), questa volta sicuramente localizzabili, sono rappresentati dalla scoperta di un mosaico recante motivi floreali e vegetali contornati da fasce in bianco e nero, rinvenuto nel corso di alcuni lavori effettuati presso la recinzione Senni, nel punto in cui la via Cavona piega verso nord da un dolietum presso il casale Senni, da alcune strutture in cementizio inglobate nella Villa Senni da un tratto di lastricato della Via Latina conservato entro la recinzione della medesima proprietà; dalle strutture antiche inglobate nel muro di recinzione lungo la via Cavona, poco dopo l’incrocio con la via Anagnina, databili alla metà del primo secolo a.C. (17).
In occasione della redazione della presente Carta Archeologica, si è potuto chiarire un importante problema topografico grazie al rinvenimento delle strutture che il Lanciani definì nella sua scheda del 13 aprile 1905 come appartenenti al “Bagno publico” (vedi sito n° 235 e sito n° 1 Tav. 4a). Stranamente il De Rossi di recente non le riconobbe, benché ancora visibili in superficie, e finì per fornire nell’insieme un quadro topografico dell’area del tutto arbitrario (Tav. 5) (18).

Altri nuovi rinvenimenti effettuati di recente, tra cui due brevi tratti della Via Latina, una struttura ad essa adiacente (vedi sito n° 236) ed un pozzo (vedi sito n° 237), arricchiscono il quadro offerto dalle testimonianze del passato nell’area appartenente al Comune di Grottaferrata. Da menzionare inoltre il recente rinvenimento di un importante ipogeo di età imperiale, localizzato nell’area di Villa Senni durante un sopralluogo effettuato da chi scrive nel corso della redazione di questa Carta Archeologica di Grottaferrata. Scavato a partire dal maggio 2000 e denominato in seguito “Ipogeo delle Ghirlande”, costituisce uno dei monumenti più insigni del Tuscolano (vedi sito n. 268). Infine, recenti saggi archeologici preventivi effettuati dalla soprintendenza nei pressi della catacomba, nell’area compresa tra i due mausolei (vedi siti nn. 8 – 9), hanno messo in luce alcune strutture di età romana (vedi sito n° 269) ed un tratto della Via Latina.
Se non si può dubitare della presenza di una stazione di posta (statio)  presso l’incrocio tra la via Latina e la via Cavona (l’antica Valeria?) – da riconoscere forse nelle strutture sottostanti il moderno casale rinvenute nel corso delle ricognizioni effettuate per la redazione della carta archeologica (vedi sito n° 235)  –  mentre anche la discussione attorno alla presenza di due differenti vici contigui parrebbe risolta in favore dell’esistenza di un unico abitato (Vicus Angusculanus) (19), rimane da chiarire se con “Angusculanus” si intendesse realmente definire la parte abitata rientrante entro i confini amministrativi di Tuscolo, a quanto pare definiti a occidente dal percorso della via Cavona (vedi a proposito quanto sostenuto nella scheda del sito n° 38). In tal caso andrebbe rivisto, sotto il profilo topografico, lo sviluppo dell’abitato a est della via Cavona, nel senso che la delimitazione dell’area del Vicus Angusculanus proposta dal Lanciani (Tav. 2b) e sostanzialmente accettata da altri autori, anche moderni (Tav. 6), appare piuttosto circoscritta, oltre che vaga.

Elemento pregiudiziale in tal senso risulta ovviamente lo sviluppo cronologico dell’abitato, la cui denominazione non può risalire oltre l’età medio repubblicana (al massimo al IV secolo a.C.), momento in cui è difficile pensare ad una concentrazione di edifici attorno all’incrocio (compitum), ma, al contrario, si dovrebbe ipotizzare un tessuto insediativo rurale piuttosto rado, costituito da strutture edilizie di modeste dimensioni, intervallate da spazi piuttosto ampi, distribuite pertanto in un’area molto più vasta di quella presa in considerazione. Per le fasi successive, a partire dall’età tardo repubblicana e particolarmente per tutta l’età imperiale il discorso potrebbe essere completamente differente, ma non vi sono elementi sufficienti per tentare una seppure minima sistemazione topografica dell’area (20).
Pertanto la perimetrazione dell’area archeologica (tratteggiata in rosso sulla carta Archeologica) proposta in questa sede relativa al cosiddetto “Complesso archeologico di Villa Senni” e che si estende nel territorio del Comune di Grottaferrata, deve raccordarsi necessariamente a nord e a sud-ovest con la perimetrazione riportata dal Comune di Roma sulla Carta storica archeologica monumentale e paesistica del suburbio e dell’agro romano al Foglio n° 26 (Tav. 7). Fermo restando il carattere unitario del complesso archeologico, caratterizzato dagli antichi assi stradali principali con i loro diverticoli, dalla statio ad decimum, dall’area residenziale (contraddistinta dalle ville), i luoghi di culto, i sepolcreti, (le catacombe, i mausolei, l’Ipogeo delle Ghirlande, necropoli e tombe sparse), a cui vanno aggiunte le attività connesse attraverso lo sfruttamento economico del territorio e dunque le aree produttive, la perimetrazione che ne deriva circoscrive un’area compresa tra la via Anagnina a meridione, la via Cavona ad ovest, la via della Botte di S. Andrea a settentrione e la villa romana (sito n° 13) ad est.

***

 

NOTE

(1) Vedi per ultimo: ARIETTI 1994-96, p. 44 nota 12; p. 30 fig. 1.

(2) Segnalazione di G. DI GUIDA. Ceramica ad impasto si rinvenne in molti punti dell’area pertinente a Grottaferrata, compresa tra la via Latina e la via Cavona, presso l’incrocio.

(3) Sulla cappella di S. Andrea, ancora visibile alla metà dell’800: COZZA 1866, p. 22. Per l’iscrizione sul miliario e sulla sua collocazione: FABRETTI 1741, p. 412, n. 304; NIBBY III,1848, p. 294; COZZA 1866, p.22 ss.; DE ROSSI 1872-1873, p.89; LANCIANI 1881, p82; ROCCHI 1896, p. 7; GROSSI GONDI 1908, pp. 38, 39.

(4) Per la discussione intorno alla (Respublica) Decimiensium, sul fundus publica via Latina desunto dalla notizia fundorum di età medioevale, si veda: LUGARI 1885, p. 137; DE ROSSI 1873 p. 41; LANCIANI 1905, p. 132 ss.; GROSSI GONDI 1908, p. 46 ss.; TOMASSETTI 1926, p. 86.

(5) ESCHINARDI 1750, pp. 264-284.

(6) DE SIMONI 1831. La costruzione o quanto rimane di essa dovrebbe ora trovarsi nel territorio del Comune di Roma.

(7) DE ROSSI 1872 p. 98.

(8) LUGARI 1885, FASC. IX p. 137; altre comunicazioni in merito ai rinvenimenti di quegli anni: LUGARI 1988, pp. 97-102; LUGARI 1884-86, p. 564; GATTI 1887, p. 12.; LANCIANI 1905, p. 132, 133.

(9) LANCIANI 1905, p. 139.

(10) LANCIANI 1905, p. 136.  Sulla connessione tra la liberta di Marciana Augusta, sorella di Traiano, e la valle omonima, si veda in particolare, oltre al Lanciani: TOMASSETTI 1926, p. 283; ASHBY 1910, pp. 21-23.

(11)  LANCIANI 1905, pp. 132-133. Altro materiale votivo costituito da elementi “di piccole dimensioni, animali e parti del corpo umano nel terreno proprio di fronte alla Villa Senni” venne alla luce nel 1909 (DE ROSSI 1979, p. 163.

(12) LANCIANI 1905, p. 140.

(13) LUGARI 1888; GROSSI GONDI p. 45 e nota 1, con bibl. precedente; DE ROSSI 1979, p. 163.

(14) ARIETTI 1994-96 nota 7 p. 40.; F. ARIETTI, BRUNO MARTELLOTTA, La tomba principesca del Vivaro di Rocca di Papa, in La regione romana, II, Istituto. Nazionale di Studi Romani 1998.

(15) Non è chiaro se attraverso lo spazio perimetrato ma non carpito nell’area della Botte di S. Andrea egli volesse semplicemente ipotizzare l’estensione dell’area archeologica fino alla moderna via di S. Andrea. Nella pianta di Quilici – Quilici Gigli 1984 tale rappresentazione viene intesa in parte come rete stradale ed elaborata in modo ipotetico, dal momento che il nodo stradale di S. Andrea, dove convergono due strade, non viene collegato alla via Cavona, ma direttamente alla Latina presso le catacombe.

(16) Ponendo fine alla lunghissima diaspora intorno alla collocazione del X miglio della Via Latina, posto dal Cluver a Borghetto, da Olstenio ed Eschinardi a Morena e finalmente al Ciampino, ed avvalendosi della cartografia sufficientemente precisa, Lanciani misurò le dieci miglia (metri 1489) a partire dal bivio di S. Cesario; in tal modo il cippo doveva capitare a m. 230 dopo l’incrocio con la via Cavona, quindi poco oltre le catacombe (LANCIANI 1905, p. 131 e Tav VI). T. Ashby obiettò che il calcolo andava fatto dalla Porta Capena (ASHBY 1910, p. 125 nota 1) e indicò una diversa collocazione del decimo miliario, il quale doveva invece capitare prima dell’incrocio della via Latina con la Cavona, a nord ovest della linea ferroviaria Roma –  Napoli. Tale interpretazione venne accolta dagli altri studiosi del tempo (Grossi Gondi, Tomassetti) ed anche ai giorni nostri (cfr. la cartografia di: QUILICI 1978; DE ROSSI 1979, fig. 250; QUILICI – QUILICI GIGLI 1984).

(17) DE ROSSI 1979, pp. 165, 166 e figg. 255-256.

(18) Il De Rossi scrive a proposito: ” Nel vecchio fienile di Villa Senni, posto circa 100 m. a SE della Cavona (fig. 250, 6), si notano i resti di una muratura in reticolato usata come fondazione del cascinale stesso. Il muro, che a livello del piano di campagna si scorge per un brevissimo tratto addossato a strutture laterizie (fig. 260), è invece conservato per una lunghezza di oltre 20 m. negli scantinati del fienile; qui sono visibili anche i resti di una pavimentazione in mosaico a tessere bianche e nere.” (DE ROSSI 1979, p. 166).  Stranamente nella sua pianta (Tav. 5) egli pone questo sito a poche decine di metri a nord del fienile in questione (vedi: DE ROSSI 1979 fig. 250, 6), che appare puntualmente riportato. Inoltre, partendo dal rinvenimento di due basoli creduti in situ (idem, fig. 250, 12), per lungo tempo sepolti e in questi giorni rimessi in luce (settembre 1997), i quali sono quasi certamente da considerarsi in giacitura secondaria e forse pertinenti in origine alla Latina stessa che scorre nelle immediate vicinanze, egli propone di attribuirli alla via Cavona antica, che nella sua pianta descrive quindi un’ampia curva. Attraverso questo presupposto, egli passa ad interpretare lo schizzo del Lanciani del 1905 ruotandolo apparentemente di 90 gradi rispetto alla sua corretta interpretazione, scambiando quindi il tratto basolato ivi riportato (la Via Latina) con quello dell’antica via Cavona, ponendo il “Bagno publico” in un punto assai distante da quello originale (Tav. 5, n° 2) e così anche il sepolcro in opera quadrata visto dal Lanciani (Tav. 5 n° 10). Va chiarito a proposito che lo schizzo del Lanciani è perfettamente orientato (allo stesso modo della sua pianta pubblicata in scala 1: 12500 nel 1905), come si evince sia dalla dicitura “Ciampino” (Villa Senni) che compare in alto, che dall’orientamento della Latina, qui fiancheggiata da un muretto contraddistinto dalla lettera B e orientato, come la Latina a 30 gradi est/sud-est. Anche il cosiddetto “Bagno publico”, contrassegnato dalla lettera D è perfettamente ubicato (vedi Tav. 4b e sito n° 235), per cui non vi è alcun motivo per dubitare che lo sia anche il sepolcro in opera quadrata segnalato con la lettera C, probabilmente rinvenuto sotto l’attuale via Anagnina discendente che ricalca il tratto della ferrovia dei castelli (vedi sito n° 238), che puntualmente appare nello schizzo del Lanciani. Anche la rappresentazione del tracciato della Via Latina fornito dal De Rossi (p. 167, fig. 262) appare errata, dal momento che l’opposizione cromatica del manto erboso era dovuta alla presenza di un vialetto cosparso sottostante di ghiaia che recava anticamente al casale presso le catacombe, come ci è stato spiegato dall’attuale proprietario, ma come appare soprattutto evidente confrontando il disassamento tra il vialetto in questione ed il reale percorso della Latina, il cui tracciato è stato messo in luce presso l’edificio soprastante le catacombe che figura sulla foto in questione presso il mausoleo.

(19) Contrariamente al Lanciani, il Grossi Gondi, imitato poi da altri studiosi, sostenne la tesi di un unico abitato, spiegando che con Decimienses si intendevano genericamente nominare gli abitanti della zona, attorno alla quale gravitavano numerose ville (GROSSI GONDI 1908, pp. 46 – 48).

(20) In questo quadro, piuttosto confuso ed incerto, non sorprende quindi dover registrare, oltre a quanto già detto a proposito dell’arbitraria sistemazione proposta dal De Rossi, come talvolta alcuni autori, trattando in varie circostanze del medesimo argomento, abbiano fornito, anche di recente, ricostruzioni diverse (talvolta anche contraddittorie tra loro), per quanto riguarda ad esempio la posizione della via Cavona – Valeria, il cui percorso appare ora coincidente con la strada moderna oppure, per un tratto, parallelo ad essa (Tavv. 5; 6a-b; sito n° 3s).

 

***

 

Clicca per commentare

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

To Top