AMBIENTE

PASSATO, PRESENTE E FUTURO DEI BOSCHI – (di Vito Consoli)

 

 

 

PASSATO, PRESENTE E FUTURO DEI BOSCHI

(di Vito Consoli)

 

 Il bosco faceva paura

Una volta, tanto tempo fa, il bosco faceva paura.

Una volta, tanto tempo fa… al tempo delle favole; del c’era una volta, appunto.

Nel bosco vennero abbandonati Pollicino e i suoi fratellini e sempre nel bosco abitava l’orco che voleva mangiarli.

In una radura del bosco stava la casa in cui la strega cattiva teneva prigionieri Hansel e Gretel.

Nel bosco che Cappuccetto rosso doveva attraversare per arrivare a casa della nonna viveva il lupo cattivo.

Una volta, tanto tempo fa… al tempo in cui nascevano le parole che oggi usiamo.

Foresta ha la stessa origine di fuori, perché la foresta era un luogo a noi estraneo, che sta fuori. Da una parte i luoghi dell’uomo, le case, i villaggi e le città, le fattorie, i castelli e così via. Dall’altra il bosco, appunto, il luogo della natura selvaggia. Selvaggio, selvatico, forastico… tutti sinonimi che con selva e foresta condividono l’etimologia e che si contrappongono a domestico, quindi a ciò che è di casa.

Una volta, tanto tempo fa… al tempo in cui nascevano i miti, in cui gli antichi greci narravano le gesta delle loro capricciose divinità.

Pan, dio delle selve e dei pascoli, spirito di tutte le creature naturali…  è un dio legato alla prosperità, ma anche un dio capace di far paura. É dal suo nome che nasce il termine panico.

Una volta, tanto tempo fa… al tempo in cui divinizzare ciò che spaventa era il modo più comune per esorcizzare le paure. Niente di strano, a quel tempo, che esistessero i boschi sacri.

Una volta, tanto tempo fa… E oggi?

Oggi è tutto diverso; ma arriviamoci per gradi. Torniamo un po’ indietro, a quando i boschi facevano ancora paura.

Allora e per centinaia, migliaia di anni, si raccoglievano i prodotti del sottobosco, frutti, erbe, funghi; ma soprattutto il bosco si tagliava. Per fare spazio alle abitazioni dell’uomo, case, villaggi, torri di avvistamento, castelli, intere città, e in misura più estesa per fare spazio ai pascoli e ai campi da coltivare. Ma c’era una ragione ancora più importante e duratura: per fare legna. Legna per costruire case, mobili e oggetti di ogni tipo, legna da ardere, legna per produrre cellulosa e poi carta e così via.

Il bosco faceva sempre paura, forse, ma era, allora come oggi, una grande e preziosa risorsa; una risorsa da non esaurire, una volta fatto lo spazio che serviva. Sono nate così le tecniche di selvicoltura, prima ancora che questa divenisse una scienza da studiare nelle università. Grazie a queste tecniche si doveva fare in modo che i boschi producessero legna in abbondanza e che continuassero a dare legna per sé stessi, per i propri figli e per i figli dei propri figli. Non si parlava ancora di risorse rinnovabili, di sostenibilità, ma la sostenibilità si praticava o almeno si tentava di farlo.

Qualcuno, i più esperti, i più abili, i più intelligenti, si preoccupava persino di un’altra funzione del bosco: quella che oggi chiamiamo difesa del suolo. Le pratiche di gestione e manutenzione dei boschi messe a punto e trasmesse nel tempo dai frati benedettini, per esempio, tenevano in gran conto il valore dei boschi per prevenire gli smottamenti e l’eccessivo ruscellamento delle acque piovane.

Ma il far legna è rimasto per lunghissimo tempo la funzione di gran lunga più importante delle foreste.

Oggi invece, lo abbiamo accennato più sopra, è un’altra cosa, è tutt’altra cosa.

 

E oggi?

Oggi il bosco non fa più paura. È un luogo magico, è il luogo dei poeti, è un luogo da innamorati.

Se Dante parlava di una selva oscura, poeti e scrittori contemporanei (Rigoni Stern, Cassola e tanti altri) lo celebrano come una ricchezza e ne apprezzano la complessità.

Del bosco si magnificano infatti le tante funzioni, materiali e immateriali. Al contrario è la città a farci più paura, quando è il degrado sociale a prendere il sopravvento o più semplicemente quando sulle sue strade sono le automobili a farla da padrone. E guarda caso, parliamo di giungla d’asfalto. Giungla, un tipo di foresta.

Tante funzioni, materiali e immateriali. Quali?

I prodotti del sottobosco continuiamo a raccoglierli, anche se, in forma più o meno simile all’originale e sicuramente meno pregiata, vengono pure coltivati.

E naturalmente continuiamo a produrre legname. Il legno è stato sostituito da molti nuovi materiali, sia per costruire case e mobili e fabbricare oggetti e strumenti, sia per produrre energia (anche il calore è una forma di energia), ma rimane e rimarrà sempre un materiale nobile. Anzi, anche se non sempre viene riconosciuto dal mercato, oggi è più importante che mai. In un tempo in cui la sostenibilità ambientale sta divenendo una scelta inevitabile anche per i meno sensibili al problema, il legno può vantare il fatto di essere una risorsa rinnovabile. A patto, ovviamente, che si gestiscano i boschi in modo opportuno.

Le scienze forestali hanno messo a punto piani e tecniche colturali in grado di preoccuparsi adeguatamente di sostenibilità ed esistono persino metodi e strumenti per certificarla.

Non è un’affermazione solo teorica, è realtà. Esistono vere e proprie certificazioni di sostenibilità della gestione forestale. La più nota è probabilmente l’FSC, Forest Forest Stewardship Council (ma c’è anche la FESC, Programma per il riconoscimento di schemi nazionali di Certificazione Forestale, da molti ritenuta più adeguata alle proprietà forestali di piccole dimensioni).

Queste certificazioni attestano che il legno prodotto (ma vale anche per ogni oggetto e ogni altro materiale fabbricato con questa materia prima) deriva da boschi gestiti garantendo il rispetto di tutte le norme, i diritti delle popolazioni e delle comunità locali, i diritti e il benessere dei lavoratori, la tutela della biodiversità e degli equilibri ecologici e soprattutto facendo in modo che il bosco si rinnovi, perpetuando così le sue preziose funzioni.

Se la gestione è sostenibile, quindi, il bosco continua a svolgere anche un’altra funzione molto importante e attuale: la sottrazione di anidride carbonica (CO2) dall’atmosfera. Come è ormai noto anche ai non addetti ai lavori, la CO2 è un gas che contribuisce al cosiddetto effetto serra e per questo il suo aumento nell’atmosfera è sul banco degli imputati come responsabile del riscaldamento globale del nostro pianeta.

Bruciando combustibili fossili emettiamo ogni giorno enormi quantità di CO2 nell’aria. Al contrario, con la fotosintesi clorofilliana, i vegetali sottraggono anidride carbonica dall’aria, fissando il carbonio nelle sostanze organiche prodotte. È da lì che arriva tutto il carbonio presente nelle proteine, negli acidi nucleici, negli zuccheri e in ogni altra sostanza organica presente negli organismi viventi.

In un bosco, quindi, viene di fatto fissata un’incredibile quantità di CO2 sottratta all’atmosfera. Ebbene, quando tagliamo un bosco e bruciamo la legna, questa naturalmente torna nell’atmosfera; ma se il bosco è gestito in maniera sostenibile ricresce, sottraendo nuovamente CO2 dall’aria. Pari e patta, quindi, o meglio, più scientificamente, in un arco di tempo sufficientemente lungo il processo è a bilancio zero o a saldo zero, che dir si voglia.

Per non parlare, poi, di quando il legname che proviene da un taglio non viene bruciato, ma usato per fabbricare mobili, travi, carta e così via. In questo caso i prodotti continuano a immagazzinare carbonio, mentre il bosco, ricrescendo, sottrae nuova CO2 all’atmosfera. In questo caso, quindi, il bilancio è sicuramente positivo per l’ambiente.

In conclusione, quando un bosco viene gestito in maniera sostenibile, possiamo affermare che la produzione di legname è e rimane una funzione nobilissima.

Ma, lo abbiamo già detto, questa non è l’unica funzione di un bosco. E non è solo da questo punto di vista, dunque, che bisogna guardare le cose.

 

Le “altre” funzioni dei boschi

All’aiuto che può dare un bosco nella difesa del suolo abbiamo già accennato. La chioma rallenta la pioggia e la grandine, diminuendo gli effetti dell’impatto con il suolo. Anche il tappeto di foglie secche nel sottobosco e l’azione stabilizzante che possono avere gli apparati radicali degli alberi danno il loro contributo alla causa.

Non abbiamo ancora detto nulla, invece, della biodiversità degli ambienti forestali.

Non si tratta solo degli alberi e dei vegetali (e dei funghi) del sottobosco. Alche la fauna è una componente importante della biodiversità di un bosco. Fin troppo facile il riferimento agli uccelli che nidificano fra i rami degli alberi. Ma non si tratta solo di questi: roditori arboricoli, insetti xilofagi, cioè che si nutrono di legno, vivo o morto, per non parlare delle tantissime specie che abitano nel suolo di una foresta.

E sono soltanto alcuni esempi; in ogni bosco possono essere rappresentate intere catene alimentari: dai produttori primari, i vegetali, ai consumatori primari, che di vegetali si nutrono, fino ai consumatori secondari, che si nutrono di altri animali. Per dimensione si va dai microorganismi ai grandi mammiferi, come gli orsi e i cervi, per rimanere nell’ambito della fauna italiana. Non mancano neppure numerosissimi esempi di quegli strani organismi, un po’ produttori primari e un po’ decompositori, che chiamiamo licheni; associazioni di alghe e funghi, capaci di vivere in ambienti di ogni genere, comprese le superfici di tronchi e rami.

Il bosco è un ambiente che contiene tanti microambienti: alberi, suolo, ma anche acqua, con i suoi organismi. Sì, persino acqua: le piscine dei boschi di pianura dell’agro romano e pontino, i lacioni dei boschi della riserva naturale Selva del Lamone, nel viterbese, per esempio; tutti ambienti ricchissimi di biodiversità, molto interessanti, tra l’altro, per la presenza di diverse specie di anfibi.

Che c’entra questo con le funzioni delle foreste? C’entra perché è dalla biodiversità che dipende tutta la vita sulla terra o almeno la vita come la conosciamo oggi, con la sua complessità di relazioni, in primo luogo alimentari. Impoverire la biodiversità del pianeta (e purtroppo lo stiamo facendo) mette a rischio la nostra stessa sopravvivenza e in ogni caso ne pregiudica la qualità.

I boschi, in quanto contenitori di biodiversità (vegetali, animali, funghi, batteri e migliaia di relazioni tra tutte queste specie) svolgono così anche una funzione positiva e importantissima in tal senso: possiamo chiamarla funzione naturalistica.

E poi? E poi ci sono parecchie altre funzioni, più o meno note, più o meno considerate quando si pensa ai boschi.

Svolgendo la funzione clorofilliana, i vegetali, oltre a sottrarre anidride carbonica dall’atmosfera, liberano nell’aria ossigeno. Attraverso molti e diversi meccanismi fisiologici e biochimici, inoltre, le foreste sono in grado di sottrarre e in alcuni casi distruggere sostanze inquinanti presenti nell’aria. I boschi ci regalano quindi aria più pulita.

Nel suolo di un bosco sano penetra acqua di buona qualità che, anche grazie alla presenza delle radici, che le permettono di penetrare più facilmente nel terreno, in parte andrà a rimpinguare le falde acquifere; comprese quelle che più o meno direttamente ci forniscono acqua potabile. I boschi ci regalano quindi acqua pulita.

Ci regalano ombra, fresco e quindi piacevoli passeggiate in estate. Ma passeggiare in un bosco non è bello solo per questo. È bello in generale, è bello in ogni stagione. Il bosco non è più un luogo che intimorisce, ma viene considerato da molti un luogo di pace, di serenità, di relax, buono per fare sport in un ambiente salubre, per ispirare poeti, per scambiarsi parole e gesti d’amore. Si può parlare quindi del bosco come fornitore di buone sensazioni, come luogo di svago; perfino di una funzione turistica del bosco.

Ancora, giacché abbiamo parlato di buone sensazioni… il bosco preso dal punto di vista estetico; un luogo affascinante, che dà piacere alla vista, forse perché ci ricorda l’aspetto originario di molti nostri territori. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se possiamo parlare anche di una funzione paesaggistica. Non a caso le norme sul paesaggio tutelano i boschi con lo stesso rigore dei beni culturali, anzi come veri e propri beni culturali.

E adesso, come in una catena di connessioni tematiche, a proposito di cultura… il bosco come contenitore e protagonista di tradizioni, miti, leggende. Il bosco (e le attività correlate) assume nella memoria delle popolazioni che lo hanno praticato, vissuto, utilizzato da generazioni. Un significato molto più ampio. Penso che si possa parlare quindi di una funzione culturale del bosco.

Ci fermiamo qui, anche se potremmo continuare, approfondire. Ci fermiamo perché questi esempi bastano a dire quello che volevo, ad arrivare al punto. E il punto è: oggi non consideriamo più il bosco solo come fornitore di legname o poco più, bensì come un ambiente e una risorsa polifunzionale.

Più precisamente, parliamo di bosco come fornitore di un’ampia gamma di servizi ecosistemici. E tra questi ci sono quelli che abbiamo descritto, il legno, i prodotti del sottobosco, lo svago, il relax, l’aria e l’acqua pulita, la difesa del suolo; ma probabilmente ciascuno dei lettori potrà aggiungere qualche voce all’elenco o articolarne, dettagliarne qualcuna.

 

Quale gestione per il bosco, inteso come fornitore di servizi ecosistemici?

Dunque, dicevamo… un bosco non è una sola cosa, ma tante cose diverse. Diverse in sé e diverse per ciascuno di noi. Un bambino, un poeta, il proprietario del fondo in cui sta il bosco, uno sportivo appassionato di corsa o di orienteering, il titolare di un’azienda che taglia e commercializza il legname, una coppia di innamorati, un laureato in scienze forestali, un ornitologo, uno studioso di coleotteri o magari di roditori, un cercatore di funghi, un iscritto a questa o quella associazione ambientalista, un turista, un architetto del paesaggio… Ognuno avrà una propria idea di bosco, una propria immagine del bosco; ognuno avrà in mente una o alcune tra le tante funzioni di un bosco. O magari le avrà tutte ben presenti, ma forse solo una sarà la prediletta.

Non è quindi banale chiedersi quale sia la corretta gestione di un bosco. Così come non è facile rispondere a questa domanda, se consideriamo il bosco come abbiamo detto: un fornitore di tanti e diversi servizi ecosistemici.

“Dipende”, potremmo rispondere. Dipende dal punto di vista, dalla funzione che intendiamo privilegiare.

Un naturalista potrebbe volere un bosco lasciato alla sua evoluzione naturale, a costo di vederlo trasformarsi in qualcosa di molto diverso dai boschi gestiti, dal bosco che è stato fino ad ora, magari: forse sottobosco più intricato e ricco (dipende dal luogo, dal clima, ecc.), alberi di differenti età, alberi morti lasciati sul posto, talvolta compresenza di differenti specie arboree e così via.

Un produttore di legname potrebbe volere solo cedui, selezionando le specie dal legno più pregiato.

Un produttore di castagne avrebbe bisogno di un castagneto da frutto; ordinato, pulito, con alberi avviati ad alto fusto.

Un turista o uno sportivo potrebbero gradire un bosco con un sentiero ben tracciato, pulito, molto riconoscibile, senza ostacoli in cui si può inciampare, ma tutto intorno un bosco più naturale, forse. O forse no; forse lo vorrebbero un po’ più pulito, in modo che rischi meno di incendiarsi.

Un poeta non so come lo vorrebbe; dipende dalla sua sensibilità, dalla sua inclinazione.

Un bambino non si farebbe troppi problemi; basta che ci possa giocare a nascondino.

Una coppia di innamorati probabilmente dimenticherebbe molto presto in che tipo di bosco si trova; i due fortunati avrebbero altro a cui pensare!

Dipende, quindi. Una risposta prudente, elastica, aperta. Se però significa che dobbiamo scegliere un uso, una funzione e scegliere la gestione più adatta, senza preoccuparci di tutto il resto, allora è quasi sempre una risposta sbagliata.

Perché un bosco non è una cosa sola, lo abbiamo detto. Perché raramente un bosco può “dimenticarsi” di molte delle sue funzioni ad uso e consumo di un singolo interesse. E allora chi gestisce (o consapevolmente rinuncia a farlo, puntando alla naturalità) e chi pianifica la gestione deve cercare altre risposte. Non può semplificare; detto in altre parole, deve affrontare la complessità. Tanto più che non di rado si pianifica la gestione di foreste di grande estensione.

Il pianificatore forestale deve riuscire a farsi carico di più funzioni possibili del bosco e preferibilmente in modo integrato. Oppure deve scegliere sapientemente di quali punti di vista servirsi in prevalenza e di quali fare a meno, con quali occhi guardare il bosco, ma mai in modo esclusivo; tenendo conto di dove si trova il bosco, di cosa c’è intorno, delle condizioni di partenza, della sua storia, del  suo interesse naturalistico effettivo o potenziale, del suo ruolo ecologico specifico o in una logica di area vasta e quindi di rete ecologica, persino del suo valore simbolico, culturale, che in certi casi assume un ruolo di  particolare rilievo. E naturalmente dei tanti e diversi valori economici in gioco: il valore del legno, ma anche gli altri valori. Perché se un bosco è un fornitore di servizi ecosistemici, questi, come qualunque altro tipo di servizio, hanno tutti (e sottolineo tutti) un valore economico (e qualunque esso sia deve essere fonte di reddito per il proprietario, in caso di boschi privati, ma forse anche di superfici forestali appartenenti a piccoli comuni).

Oggi è questo il compito che affidiamo alle scienze forestali e all’ecologia forestale: saper considerare i boschi nella loro complessità di fornitori di servizi ecosistemici; sapere tener conto di tanti aspetti diversi, saper collaborare con tanti professionisti diversi (dagli ecologi agli operatori turistici, dai sociologi ai paesaggisti e così via); sapere tener conto di tante esigenze apparentemente (ma forse solo apparentemente) contrastanti: da quelle dei proprietari dei fondi a quelle degli uccelli, dei roditori e degli altri animali, purché autoctoni e inseriti in un contesto di equilibri naturali adeguati; da quelle delle ditte forestali a quelle dei bambini, dei poeti e degli innamorati.

Perché oggi il bosco non fa più paura. Oggi innamorati dei boschi lo siamo tutti quanti.

 

 

 

 

 

 

                                                                                                                   

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